Kassi Valazza

Kassi Valazza

Kassi Valazza è senza dubbio una delle voci più interessanti ed incisive della nuova generazione del cantautorato d’oltre oceano.

La nuova scena “americana” sta prendendo sempre più una piega old style, con riferimenti al country fuorilegge di Johnny Cash e Waylon Jennings.

Hanno cominciato a cavalcare questa scuola giovani cantautori come Colter Wall e Chris Stapleton fino e adesso tocca alle ragazze e una delle più talentuose arriva da Portland, in Oregon.

Capelli rossi, occhi verdi, gioielli di pietre indiane, camicie vintage e stivali da cowboy e canzoni ispirate dalla sua fase di formazione trascorsa in Arizona, con le sue distese enormi e selvagge. Le storie oscure del West più remoto sono combinate con un sottile equilibrio tra country malinconico e psichedelia.  L'album di debutto "Dear Dead Days", pubblicato nel 2019, ha ricevuto recensioni e critiche entusiastiche ed ora per la prima volta si propone dal vivo al pubblico italiano.

Kassi Valazza ha una voce viscosa e dorata. Ti gira in testa come un whisky in un bicchierino; vaporoso e inebriante. Per la maggior parte di "Dear Dead Day" pedal steel e chitarra elettrica corrono a tempo con la sezione ritmica che tuona da una dimensione profonda, al punto che le frequenze sembrano penetrare nella carne dell’ascoltatore e le canzoni rimbalzare nelle ossa, con i suoi testi allegorici e corrosivi al tempo stesso, come traspare già in Cayuse, traccia d’apertura del disco: "perché sono creature dure che corrono e si arrenderanno con gli occhi selvaggi / che prendono a calci tutto ciò che riescono a trovare”.

La voce di Kassi ha un andamento lento tipico dei paesi del sud-ovest, dove la lentezza è una difesa contro la calura. Ed in questo mondo quasi lunare e desertico si muovono i personaggi delle sue canzoni: imbroglioni, vagabondi, amanti abbandonati.

Le sue storie ritraggono trame oscure del West e il desiderio di casa, mentre la musica cavalca una linea sottile di country western, accarezzata da tocchi di psichedelia.

Caratteristiche che aggiungono alle suggestioni musicali e poetiche anche una componente visionaria come se ci trovassimo di fronte a dei quadri con sullo sfondo un deserto con i suoi spazi immensi, pareti colorate del canyon al tramonto, vedute infinite di cielo.

In questi quadri così ben tratteggiati, Kassi riesce ad immortalare il cosmo di un’umanità variegata che popola il panorama delle sue canzoni, profili marginali rispetto ad un mondo che si muove sempre più verso orizzonti globali, ma che come sempre accade alla grande musica ed alla grande poesia, dai loro margini riescono a rischiarare in profondità tutto il nostro universo e la nostra pulsione verso la libertà, che talvolta può anche costare cara, ma che riesce a confortare con il suo profumo di radici e di eterno.

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